Il prestigiatore

C’è un momento in cui l’essere umano crede davvero di poter scegliere.
Una svolta, una decisione, un cambiamento.
Prende quella carta dal mazzo e la guarda come se fosse frutto del caso, dell’intuito, della libertà. E sorride, sentendosi artefice del proprio destino.

Ma il Destino – o la vita, o qualcosa di più antico e sottile – non gioca a dadi.
Non lascia che le cose accadano in modo del tutto casuale.
Preferisce indossare i guanti da prestigiatore.

È così che avviene: fa pescare una carta, poi la fa rimettere nel mazzo, nel mezzo del caos quotidiano. L’essere umano riprende il cammino, dimentica, cambia direzione. Eppure quella carta non è scomparsa. Sta solo aspettando.

Perché prima o poi – proprio come in un numero ben riuscito – riappare.
Magari nel taschino della camicia, proprio vicino al cuore. La stessa carta.
La stessa scelta. Ma in un momento diverso. Più maturo. Più pronto.

È in quel punto che si comprende: ciò che deve accadere troverà sempre il modo di tornare. Non per punire, non per spaventare, ma per completare un disegno.
Per mostrare che ogni gesto, ogni deviazione, ogni incontro aveva un senso.

Nel cammino della vita, non si tratta solo di fare scelte.
Si tratta di accorgersi delle carte che tornano. Dei segni che ricompaiono.
E imparare a leggerli non come fatalità, ma come messaggi.
Come richiami gentili di qualcosa che conosce la nostra storia ancora meglio di noi.

E allora sì, si può respirare. Ci si può fidare.

Perché forse la magia più grande non è cambiare il mazzo.
È riconoscere, con stupore, quando la propria carta torna a casa.

Il destino mescola le carte e noi giochiamo.
— Arthur Schopenhauerer
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